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«Sistema della coperture a rischio ingovernabilità»

di Luca Davi

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Martedí 24 Febbraio 2009

«In un'economia fortemente caratterizzata dal comparto manifatturiero come quella italiana il presidio nei metalli non ferrosi è decisivo: per questo occorre avere un'industria competitiva e vicina al mercato di impiego, orientata ai clienti e strutturalmente integrata nel ciclo produzione-utilizzo-recupero».
Claudio De Cani è il direttore di Assomet, l'Associazione che raccoglie le aziende italiane produttrici e trasformatrici di metalli non ferrosi. Un settore che conta circa un migliaio di imprese (40mila gli addetti) e che nel 2008 ha registrato un calo del fatturato a 19,8 miliardi di euro rispetto ai 23,7 miliardi del 2007. Colpa della forte contrazione dei corsi internazionali delle materie prime. «Ciononostante l'Italia rimane ai vertici europei e mondiali per quanto riguarda la produzione e l'utilizzo procapite di metalli».
Il mercato dei non ferrosi esce da una fase di forte accelerazione, durante la quale sono stati raggiunti picchi record delle valutazioni. Negli ultimi mesi le condizioni si sono ribaltate. Con quali conseguenze?
L'industria nazionale dei metalli non ferrosi è orientata alla trasformazione e al riciclo. Parrebbe quindi indifferente al livello assoluto dei prezzi delle commodities se non fosse per altri aspetti negativi, solitamente legati a queste fiammate speculative: la volatilità delle quotazioni, l'aumento dell'impegno finanziario per gestire flussi economici triplicati a parità di volumi, l'aumento del rischio commerciale sui crediti. In più, uno dei principali meccanismi di funzionamento del comparto è rappresentato dal sistema delle coperture in base alle quali, a fronte di ordini acquisiti, le aziende trasformatrici fissano i prezzi per gli approvvigionamenti futuri di materia prima. Ora, mentre in una fase di prezzi in rapida salita capitava di consegnare prodotti in cui la materia prima era valorizzata a 2-3000 $, a fronte di un prezzo corrente di 6-7000 $, in una fase opposta di prezzi in veloce discesa (-17% medio nel 2008), i clienti sono chiamati a pagare il metallo a prezzi fissati qualche mese prima, quando i valori erano 2-3000 $ più alti degli attuali. Le comprensibili, ma non giustificate, pressioni per la cancellazione dei contratti rischiano, tuttavia, di minare alla base i rapporti fiduciari abituali nelle contrattazioni.
A questo si aggiunge il problema della carenza dei rottami, dettata dal calo della produzione...
Certo. Tutto il comparto del riciclo dei metalli sta soffrendo la mancanza di materia prima da trasformare. La produzione calante genera un minor gettito di rottami nuovi e anche i minori prezzi dei metalli primari, che costituiscono il riferimento di prezzo dei materiali di recupero, non incentivano la raccolta post-consumo. Sta quindi tornando alla ribalta, con la crisi economica, lo spettro della fuga di rottami dal continente europeo verso l'Estremo oriente le cui economie sono ancora disposte a valorizzare adeguatamente queste risorse. Per alcuni comparti, come il piombo secondario, non si tratta più ormai solo di una questione di costo ma della stessa disponibilità fisica di materiali da trasformare, il cui flusso è diminuito anche del 20% rispetto al normale.
Senza contare la questione energetica.
Esatto. Nelle produzioni metallurgiche, l'energia costituisce un fattore di costo essenziale raggiungendo anche il 30% del totale e il differenziale di costo dell'energia elettrica penalizza il sistema industriale italiano del 30 per cento. Godere di un simile vantaggio comparato su un fattore tanto importante, da parte dei concorrenti europei, rappresenta una distorsione delle condizioni competitive, vista l'impossibilità di trasferire i maggiori costi sul prodotto finale il cui prezzo è dato e determinato internazionalmente. La possibilità di stipulare contratti bilaterali fra i fornitori di energia elettrica e i grandi utilizzatori metallurgici è essenziale per garantire le condizioni di lungo periodo per il ritorno degli ingenti investimenti necessari in questo comparto.
L'Europa si sta preparando ad applicare a tutti i settori industriali lo schema degli scambi dei diritti di emissione di CO2. Siete preoccupati?
Sì. I produttori energivori, come alcuni nostri associati, sono molto preoccupati perché questi costi diretti si aggiungono a quelli che già oggi passano loro attraverso la bolletta che ingloba i costi dei certificati in capo ai produttori elettrici. La rigidità dei prezzi di vendita dei metalli rende impossibile trasferire a valle questi costi aggiuntivi. Se non si porranno correttivi, diventerà concreto il rischio di delocalizzazione per costi da anidride carbonica degli impianti di metallurgia primaria europei in paesi extraeuropei.

I NUMERI
1.000
Le aziende del comparto
Il settore della produzione e della trasformazione dei metalli non ferrosi (alluminio, rame, piombo, zinco, metalli preziosi e minori) sia primari (da minerale) sia secondari (da rottami) in Italia conta circa un migliaio di imprese
40mila
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